Brevi Osservazioni sul n. 2/2021 della rivista “Diritto ed Economia dei Mezzi di Comunicazione” dal titolo “L’attualità dell’Areopagitica di John Milton”

Caro Enzo,

ho ricevuto e letto con grande piacere il nuovo numero di “Diritto ed Economia dei Mezzi di Comunicazione”, fondato sull’Areopagitica di John Milton. In realtà tutta l’opera collettiva parte dall’Areopagitica per poi sviluppare temi importantissimi che riguardano la libertà di stampa, commentando o meno il testo di Milton. Devo dirti che ho apprezzato, ma non è una novità, la qualità degli scritti, la capacità comunicativa degli illustri redattori e il punto di partenza di tutte le analisi: la tutela della libertà di stampa nei rapporti con l’autorità pubblica e, soprattutto direi, nei rapporti con i grandi poteri privati.

Mi sembra che la scelta di farci rileggere Milton sia dettata dalla profonda inquietudine che nasce dalla presa d’atto del progressivo inesorabile affievolimento del senso della libertà, mostratosi con tutta evidenza a partire dagli anni’90 del XX secolo, soprattutto nel sentire e nell’opera delle Istituzioni. E allora è necessario recuperare i fondamenti, cioè è necessario recuperare i principi che hanno determinato, a partire dal XVII secolo, lo sviluppo della libertà di stampa (e in primis di pensiero) e conseguentemente lo sviluppo delle società occidentali.

Ho sempre avuto come punto di riferimento Spinoza, che aveva un’idea molto precisa e contraria a quella di Hobbes, per esempio, sulla funzione ultima dello Stato: la libertà. E proprio per questo riteneva che l’autorità pubblica non potesse controllare la produzione, soprattutto libraria, perché si trattava di un’operazione pretenziosa e inutile ma che neanche dovesse pretendere di controllare a priori la stampa, perché la circolazione delle idee costituiva il presupposto indispensabile per la crescita dei popoli.

Detto per inciso, di questa lezione bisogna ricordarsi quando si vaneggia sulle fake news e sui necessari mediatori informativi e culturali, perché ogni tanto idee che sembrano meravigliose rappresentano la manifestazione di una volontà repressiva, dalla quale dobbiamo ben guardarci.

Ecco, parliamo di Spinoza, uno dei più grandi filosofi che l’umanità abbia mai conosciuto, dunque avversato e maledetto dalle autorità politiche e religiose.

Milton non era un filosofo, altrimenti ben poca cosa sarebbe la filosofia, e la sua Areopagitica ebbe successo soprattutto nel XVIII secolo, utilizzata, giustamente, come manifesto della libertà ad uso divulgativo.

In questo senso la scelta del vostro pregevolissimo periodico mi sembra particolarmente azzeccata, perché sollecita le coscienze ad interrogarsi sul punto in cui siamo e su cosa vogliamo costruire per il futuro.

Ho letto con interesse tutti gli articoli, compreso quello del mio amico Mario Morcellini, che scrive in maniera divina e si presenta quindi benissimo. Fammi essere volterriano per dire che non sono d’accordo sulle sue conclusioni (sempre a proposito della necessità del mediatore, che ci possiamo fare…) ma che vorrei leggere continuamente suoi scritti, anche solo per il piacere di una prosa straordinaria.

Seguo con interesse, anche divertito, la educata e colta controversia tra Roberto Carleo e Silvio Troilo sulla configurazione come diritto soggettivo o meno della contribuzione pubblica diretta. Ditemi voi (e spero che seguirà dibattito) se è possibile immaginare un diritto soggettivo a cui non consegua azione per pretenderne il rispetto. Però ho ovviamente molto da imparare, e lo dico sul serio, quindi mi astengo dal trarre conclusioni definitive.

Invece mi sono fatto un’idea precisa della Sentenza della Corte costituzionale n. 206/2019 a proposito proprio della legittimità costituzionale delle leggi che limitano l’erogazione dei contributi alle somme stanziate nel Bilancio.

Siamo sempre sul piano dell’affievolimento nel senso della libertà, che comincia a diventare inquietante. E allora sono andato a pescare, da antichi studi, il parere di Bartolo di Sassoferrato sulla donazione di Costantino. Richiesto formalmente di un parare sulla validità o meno dell’asserita donazione, Bartolo inizia scrivendo: “Videte, nos sumus in terris amicis ecclesie: et ideo dico quod ista donatio valeat” (“Badate che siamo sulla terra amica della Chiesa, e quindi dico che questo dono vale”).

Ecco appunto, questa è la forza logica delle argomentazioni della nostra Corte costituzionale.
Complimenti di cuore per il vostro lavoro e un caro saluto.

L’articolo La ricerca del fondamento, lettera a Enzo Ghionni proviene da Notiziario USPI.

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